di Clara Sorce
Il fenomeno del bullismo, ossia quel fenomeno sociale legato al comportamento violento che mira a prevaricare, a vittimizzare, a fare del male o provocare danno a un’altra persona, scelta come vittima e fatta oggetto di ripetute azioni aggressive ed offensive, in tempi contemporanei è noto nella sua forma “analogica".
Tra i primi ad occuparsi del fenomeno è stato Dan Olweus, autore di sistematiche ricerche in tale campo fin dagli anni’70 del secolo scorso. Olweus fu il primo ad ideare un “programma d’intervento” per contrastare gli effetti perturbatori. Chi subisce tale violenza, caratterizzata
da azioni violente, verbali e fisiche, e intimidatorie esercitate da uno o più individui, il bullo o un gruppo di bulli, su una vittima, hanno conseguenze a lungo tempo; sia per chi le provoca sia per chi la subisce. Di fatto i perseguitati, se non si interviene, vanno in contro a problemi di devianza o di micro-criminalità, mentre le vittime vengono esposte al rischio di depressione, di disistima, di insicurezza e di eccessiva passività nelle relazioni sociali. Si tratta di un sintomo di disagio espresso con modalità asimmetriche.
La cronaca è ricolma di “pagine” riguardanti aggressioni fisiche, molestie verbali, persecuzioni ad opera di adolescenti nei confronti di coetanei considerati “fragili”. Le vittime sono caratterizzate da un “modello” il cui soggetto è associato alla debolezza fisica, si tratta in particolare modo di soggetti sensibili, riservati, con una bassa autostima ed un’opinione negativa di sé. Ansiosi e insicuri vivono una situazione di disagio e di solitudine che viene colta dal bullo.
In tempi sempre più recenti e con l’avanzare massiccio dei nuovi media e dei social network il fenomeno del bullismo si è evoluto in varie forme, tra queste, il cyberbullismo. Con cyberbullismo si definisce un insieme di azioni aggressive e intenzionali di una singola persona o di un gruppo, eseguite con l’ausilio di strumenti elettronici, quali: foto, video, chat rooms, istant messaging. L’obbiettivo è sempre legato alla provocazione di danni ad un coetaneo incapace di difendersi ma al contrario del bullismo analogico il cyberbullismo per la vittima diventa, in molti casi, causa di un dolore profondo che lo porta ad un baratro. Una via per la quale diviene difficile uscirne per la giovane vittima. I bulli si materializzano in ogni momento della vita delle vittime perseguitandole con messaggi, immagini, video diffusi su piattaforme web o tramite social media. C’è allora da chiedersi se tale fenomeno si sia diffuso a macchia d’olio per un uso non corretto, e quindi diseducativo, del mezzo di comunicazione o se non ci sia da parte degli adulti una giusta educazione al rispetto altrui, ossia “educazione alla gentilezza”.
Una risposta ci giunge da un libro per ragazzi Buliamo una storia per capire di Giusi Parisi, Einaudi Ragazzi. L’autrice palermitana ci narra nel suo libro due storie di bullismo. La prima la storia di Anonima, vittima di bullismo, la seconda quella di Bianca, vittima di cyberbullismo.
A raccontare la vicenda è l’ispettrice della Polizia Postale Marilena chiamata dal direttore di un centro sportivo per educare un gruppo di nove ragazzi alla gentilezza e alla coesione del gruppo contrastando il fenomeno del cyberbullismo che i giovani operano ai danni di una compagna del gruppo, la piccola e fragile Carlotta. L’ispettrice unendo il passato, la storia di Anonima, e il presente, la storia di Bianca porta i nove giovani, ossia i giovani lettori, a riflettere su se stessi e sulle relazioni con gli altri. La Parisi col suo testo verte a far riflettere non solo i giovani lettori ma anche gli adulti, ossia coloro che si occupano di guidare le nuovi generazioni, su quanto tali fenomeni portantino ferite, a volte indelebili, che vengono provocate da un gesto o da una parola. La figura di Marilena è emblematica, si rivolge direttamente all’adulto, essa è colei che testimoniando il passato porta una chiave di lettura per il presente ma non solo così facendo getta le fondamenta per costruire il futuro.
Erano tutti lì, davanti all’ispettrice, a pendere delle sue labbra. Erano curiosi, sapevano che Marilena stava per raccontare una storia vera, ma dal sapore assurdo.
Eppure, era proprio questo uno degli scopi della donna: far capire ai ragazzi che ciò che si considera assurdo può anche accadere, e che spesso dietro a quello che sembra uno scherzo da ragazzi c’è una vera e propria violenza
Violenza che non può ridursi al semplice passaggio della vita offline alla vita online dei ragazzi.
Il cyberbullismo può coinvolgere anche adulti o la stessa vittima che nel cyberspazio può diventare cyberbullo. La storia di Giusi Parisi ci racconta una delle forme utilizzate dai cyberbulli, ossia l’anonimato. Bianca la protagonista della storia di cyberbullismo fu presa di “mira dai compagni” che la schernivano in un gruppo WhatsApp ma non solo, nel mondo offline tendevano a sfruttare in modo improprio la sua gentilezza tanto da minacciarla se non passava un compito ma l’orrore le si presentò quando per trovare conforto si rifugiò nel mondo del web sulla piattaforma ThisCrush, funzione del social media Instagram dove è possibile chattare in anonimato. Lì Bianca entrò in quel cosiddetto baratro. In questo punto della narrazione la Parisi ci porta a riflettere quanto sia importante educare i giovani ai nuovi media fornendo loro le giuste chiavi di lettura educandoli al linguaggio del web.
Ma quando è un adulto che si cela dietro la tastiera? Avviene così uno sdoppiamento della personalità. È quello che accade in Anselmo e Greta di Francesco Formaggio, edito da Pelledoca Editore. L’autore opera una riscrittura della nota fiaba di Hansel e Gretel dei fratelli Grimm calando l’ambientazione della storia in un tempo contemporaneo scardinandola da quell’imperfetto che caratterizza le fiabe. Il bosco si sostituisce alla grande metropoli, Big City, dove, come nella fiaba originaria, i bambini si perdono. Cambia il modo e il tempo ma il cuore della fiaba rimane immutato. Formaggio ci porta a riflettere su vari punti che caratterizzano la società contemporanea a partire dalle condizioni delle periferie, il terzo settore e la dispersione scolastica.
Come nella fiaba originaria l’autore non tradisce il modo realistico della narrazione. I genitori dei bambini sono poveri in entrambi gli scritti ma nella versione di Formaggio veniamo a conoscenza che dietro quella condizione di povertà, il cui scenario è una baraccopoli agli estremi della periferia sotto un ponte di una super strada, ci sono maltrattamenti, assenza di cure da parte dei genitori, in particolare modo ad opera del padre la cui condizione di disagio lo porta a diventare un soggetto violento e alcolizzato. Soprusi, ignoranza, portano i genitori ad una scelta drastica:
O noi o loro
Una situazione che viene risolta nei peggiori dei modi, con l’abbandono. Anselmo e Greta come Hansel e Gretel scampano una prima volta al crudele destino al quale i genitori vogliono condurli. Bruno Bettelheim in Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe sottolinea questa prima riuscita di fuga in quanto il bosco è metafora di un percorso di crescita. In esso il bambino o la bambina si rispecchia, supera prove ed ostacoli per uscirne con una consapevolezza nuova che li condurrà ad affrontare l’adolescenza e un percorso di identità. Hansel riesce a trovare la strada per uscire dal bosco, Anselmo con astuzia e ingegno trova il modo per prolungare quell’addio dalla casa paterna. Prima che un bambino abbia il coraggio di affrontare quel viaggio, trovare se stesso, diventando una persona indipendente mediante la conoscenza del mondo.
Com’è noto i bambini verranno abbandonati nel bosco e lì Hansel lascerà sul suo cammino le note briciole di pane, in Anselmo e Greta i bambini affronteranno un lungo viaggio in un mondo a loro non noto. Loro dissemineranno dei tappi di bottiglia ma scopriranno che tutto sarà vano visto lo stato delle strade. Si aggrapperanno a tutte le loro forze per la buona riuscita dell’impresa. Com’è noto tutto sarà vano i bambini giungeranno nel cuore del bosco perdendosi, Anselmo e Greta si perderanno del cuore di Big City. Proprio nella città l’autore pone l’accento sulla condizione degli orfani e dei rischi che corrono. I piccoli giungeranno agli estremi di un tunnel dal quale giunse una voce di un bambino. Al di là di quel tunnel di scarico c’era un “ritrovo” di bambini abbandonati. Quella sera ci fu da parte di tipi loschi una retata dove rapirono i piccoli.
Qui l’autore pone l’accento sulla condizione dei bambini, quei bambini che agli occhi della società risultano “invisibili”. Quei bambini furono catturati e fatti recapitare ad una donna, la strega cattiva, regina dei social media che usa l’immagine dei minori per diffonderla in rete senza nessuna tutela. Ursula, questo è il monte dato alla strega, è una donna avida fagocitante di dati e like che sfrutta la condizione di “ignoranza”, debolezza e disaggio dei piccoli per i sui oscuri scopi. Essa non si mostra in principio per chi in verità è, ossia una vecchia e cattiva strega ma al contrario si mostra come una giovane donna, bella dai movimenti sinuosi, desiderosa di voler prendersi cura dei bambini ristorandoli con un ricco banchetto di leccornie. A loro darà le chiavi del cybermondo senza fornire loro una giusta educazione del mezzo. Essa li spinge a produrre video e foto in cui i piccoli si mostrino.
Questo romanzo per ragazzi mette in luce diverse crepe della società che con urgenza essa è richiamata ad occuparsi.
Ad oggi a regolare il fenomeno del cyberbullismo sono delle leggi come la legge n.71 varata il 29 maggio 2017, Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno del cyberbullismo, legge che viene menzionata dalla Marilena di Giusi Parisi.
Ai fini della presente legge, per «cyberbullismo» si intende qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d'identità, alterazione,
acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo.
Gli adulti che si occupano di educazione formale e non sono chiamati a conoscere i nuovi mezzi di comunicazione e le nuove forme di tecnologie al fine di educare la generazione attuale e futura al corretto utilizzo del mezzo ma soprattutto essi hanno il compito, imperativo, di educare alla non-violenza.
Ciò potrà avvenire soltanto quando attraverso una costante educazione alla non-violenza si porti a sublimare la violenza portando bambini e ragazzi a trasformare le pulsioni aggressive in attività volte alla gentilezza e alla coesione sociale di un gruppo. Obbiettivo dell’educazione alla non-violenza è promuovere valori autenticamente socializzanti quali la tolleranza, la democrazia, la cooperazione, la compartecipazione affettiva, l’altruismo.
Noi adulti dovremmo aspirare, come costante, al modello indicato da Marilena ossia un adulto che non giudica o “critica” ma che ascolta, comunica, che attraverso un approccio educativo della non-violenza porta a ritrovare in bambini e ragazzi il valore più autentico dell’essere come avviene nel racconto della Parisi. I nove ragazzi grazie al racconto di Marilena hanno compreso l’entità delle loro azioni. Loro hanno compreso quanto sia importante la diffusione della cultura della gentilezza volta al dialogo, della vita e della speranza.
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