Sua altezza poltiglia principessa di fango
- clara sorce

- 29 set
- Tempo di lettura: 5 min
di Clara Sorce
Quello che mi sto appropinquando a raccontarvi è un albo nato da un’autrice che ben mette “d’accordo”, con il suo humor nero, adulti e bambini. I bambini nel linguaggio di questa amata autrice del bosco hanno libero spazio di esprimersi per quello che sono nella profondità del loro essere. Questa autrice che amava da bambina leggere Pippi Calzelunghe ha portato dentro di se una volta adulta quello sguardo oserei dire ribelle che mette in luce l’imperfezione dell’infanzia. La sfera dell’infanzia è complessa e gli adulti devono diventare nei sui confronti degli osservatori curiosi capaci di accettare le sbavature e gli smarrimenti. Ecco, gli albi di questa straordinaria autrice dichiarano apertamente di voler dar voce all’infanzia senza tradirla, senza accavallare la propria voce adulta a quella infantile, perché quando un adulto ascolta e da voce al suo bambino interiore si innesca qualcosa di unico. L’autrice in questione è Beatrice Alemagna e l’albo che sto per raccontarvi è Sua altezza Poltiglia Principessa di Fango edito da Topipittori.
Ciò che ho amato di quest’albo, ma non solo, anche in molti altri libri dell’Alemagna, è il modo in cui l’autrice narra ciò che ha dentro di sé. Una voce che racconta la sfera dell’infanzia mai banalizzandola, al contrario, con estrema serietà e delicatezza tocca le cosiddette corde “scomode” per noi adulti che riguardano ogni bambino, dai capricci alla noia, al concetto di tempo e fragilità fino a giungere con Sua altezza Poltiglia Principessa di Fango al sentimento della rabbia. Come in molti suoi albi possiamo assistere allo stile “camaleontico” dell’Alemagna. L’autrice non ha un unico segno distintivo, al contrario ne ha svariati perché questo si adatta alla storia per meglio poterla illustrare. Una mistura poetica dei generi che si fonde al contrasto dell’umorismo nero dei racconti che in Sua altezza Poltiglia Principessa di Fango ha i colori della terra, appunto fangosi, uniti alla luce accesa dei colori fluorescenti. L’albo narra di una bambina che viene presa ogni girono dal fratello, San, a scuola. La narrazione non si apre con un linguaggio passato ma al contraro è presente in prima persona e a raccontarci di come si sente è la bambini in persona, Yuki. Anche la risguarda ci da non soltanto il benvenuto ma un incipit del tempo e dello spazio in cui è ambientata la storia. Siamo in un centro urbano, in Oriente non sappiamo se in Giappone o in Corea, e iniziano ad essere visibili i primi fiocchi di neve. Lo svolgimento della narrazione ha un andamento cinematografico e le tavole presentano la corposità del pastello. In queste tavole si articola la storia di Yuki e della sua rabbia. Una storia che ha molto a che vedere con l’ascolto interiore di ognuno di noi. Due fratelli che tornano a casa come ogni giorno, una routine che comincia a star stretta alla più piccola perché ha dentro di se il germoglio non soltanto della rabbia ma anche della tristezza, della mancanza e della solitudine. Sen toglie la cartella dalle spalle della sorella, gli spassa le chiavi di casa e si chiude nel suo cappuccio isolandosi. Per Yuki lui è una mummia che non ha considerazione di lei, d’altronde lei ha un brutto carattere.
Sono cattiva e sgarbata. Quando mi arrabbio urlo, sbatto i pugni a terra e piango. M’ingarbuglio dentro.
Questi, secondo la bambina sono i motivi per cui il fratello la detesta, lei sente fermamente che questi sono i motivi per cui il fratello non le rivolge la parola, e si chiude dentro il suo cappuccio. Yuki tiene strette le chiavi di casa ma dentro sé sente insorgere un grande grumo fangoso: la rabbia. Nella strada di ritorno verso casa c’è sempre un tombino aperto, è lì che Yuki sfoga la sua rabbia. Con un gesto di impulso getta dentro il tombino le chiavi senza nessuna razionalità ma quando questa arriva non può che mettersi di coraggio e scendere nelle profondità buie. Una scala lunghissima la conduce nelle profondità dove una volta arrivata si ritrova in un posto sconosciuto. Giunta nelle profondità di quel luogo sconosciuto sente una voce dire
FINALMENTE!
È la voce grugnate proveniente da
Una cosa sgocciolante. È piena di terra. I suoi capelli sembrano cespugli secchi: le sue mani, radici. “Piacere, sono sua Altezza Poltiglia, Principessa di Fango!”
Yuki guarda stranita la Principessa di Fango e si stupisce ancor di più quando ella usa con lei un tono gentile e cordiale nei suoi confronti perché non erano le parole che lei si sentiva rivolgere dai suoi familiari
Per piacere?! A me dicono sempre: Basta-calmati-fila-in.camera-tua.
Yuki vorrebbe tornare a casa ma la Principessa enuncia che ormai casa sua è a Fango un luogo misterioso dagli alberi bizzarri, buio come la giungla nera, un luogo dove se si fanno cose cattive la si attraversa tranquillamente. L’autrice concepisce una storia di rottura. I margini si sono rotti, il confine è armai oltrepassato, siamo giunti in un mondo altro profondo e fangoso perché quando il grumo interiore che mescola rabbia e frustrazione ci porta a impantanarci emotivamente, come nel fango, non possiamo che restare nelle profondità buie. Il tombino è la metafora di ciò che risiede nelle profondità del nostro paesaggio interiore. Un “luogo” dove le immagini si legano alle emozioni, più o meno intense, è la capacità della nostra immaginazione che sta sotto la soglia della coscienza. Li rielaboriamo, riorganizziamo e acquista un nuovo significato continuamente. Questo lavoro sotterraneo dell’immaginazione, come enuncia Salvo Pitruzzella in L’ospite Misterioso, può avere una direzione involutiva ed una evolutiva.
«Ha una direzione involutiva quando l’immagine dissimula, nasconde o camuffa i raggruppamenti di immagini che sono associati a stati di sofferenza. Le immagini restano sconosciute, ma ne percepiamo l’influenza sotto forma di stadi d’animo, sensazioni impalpabili ma intense, misteriosi turbamenti» (Pitruzzella, pag.158). Yuki elabora il suo turbamento, la sua frustrazione e la sua rabbia a Fango ossia il luogo in cui l’immaginazione accompagna queste sensazioni oltre la soglia della coscienza, sotto forma di simboli come la Principessa di Fango e gli abitanti di Fango i Caccoli, che sembrano alla bambina, inizialmente, incomprensibili, ambigui, inquietanti ma è proprio in quel momento che maturano i sentimenti di Yuki. Adesso è pronta a esprimere ciò che sente dentro di sé. Man mano che Yuki acquisisce consapevolezza la Principessa rimpicciolisce ma non prima di ingigantirsi perché al momento di salutare Yuki che viene rintracciata da San in quelle profondità la Principessa di Fango non accetta di restare sola, sbattendo i pugni e gridando di una rabbia nera. Allora la bambina la abbraccia affettuosamente dichiarando che non le fa paura. Con la promessa che tornerà a giocare con lei Yuki torna a casa con Sen e la Principessa rimpiccolisce talmente tanto da scomparire.
Sua altezza Poltiglia Principessa di Fango è un albo in cui emerge il buio, il fango, che alberga dentro ognuno di noi. L’Alemagna racconta con fare gentile senza essere giudicante, al contrario accoglie quella profondità buia per abbracciarla con affetto.
Sua altezza poltiglia principessa di fango
Autrice: Beatrice Alemagna
Casa editrice: Topipittori
Età consigliata: dai sei anni in su
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