di Clara Sorce
A Drohobycz, una piccola cittadina della Galizia Orientale, oggi Ucraina, prima Austroungarica poi Polacca, Sovietica, ed infine occupata dalle truppe naziste, teatro di legislazioni e di pogrom antisemiti che alla fine della seconda guerra mondiale ha visto decimata la sua comunità ebraica, viveva un bambino esile, dalla testa grande. Quel bambino si chiamava Bruno.
Bruno aveva un papà straordinario ma che doveva costantemente tenere d’occhio per proteggerlo dalla governante Adela sempre pronta a chiudere la finestra ad uno strano pennuto o a schiacciare un ragno col battipanni. Bruno era sempre lì, pronto a far entrare di soppiatto quel grande rapace dalle zampe enormi e dal piumaggio variopinto o intervenire miracolosamente prima che accadesse l’irreparabile.
Il pompiere era il ragno, era l’uccello colorato.
Era stato anche un libro segreto, uno scarafaggio chiazzato, uno scampolo di stoffa ricamata, un fiore assolato . Però rimaneva sempre Jakob, il padre di Bruno.
Bruno di Nadia Terranova e Fra Amit edito da Orecchio Acerbo è un delicato e struggente racconto biografico di Bruno Schulz, scrittore e disegnatore polacco, critico letterario ed insegnate. Le due autrici compiono un lavoro sinergico in cui la vicenda narrata e le tavole illustrate si fondono in una narrazione puntuale della tragica vicenda biografica dello Schulz.
Le opere della Amit ricordano le opere dell’artista per stile e note coloristiche mentre la Terranova ne esalta gli aspetti peculiari che hanno caratterizzato la sua esistenza in un racconto lirico e struggente. Le autrici non ci mostrano un Bruno adulto, scrittore e disegnatore, ma Bruno bambino. Curioso e attento osservatore del mondo che lo circonda e affascinato da quel padre eccentrico e metamorfico. In questa prima fase della scansione temporale narrativa si scorge quel doppio legame tra Kafka, grande appassionato tanto da esserne paragonato, e Schulz che le autrici illustrano egregiamente. Il padre che muta ricorda la metamorfosi di Kafka.
Secondo Jakob Schulz la materia pullulava di vita, bisognava solo stanarla e forgiarla.
Un padre, quello di Bruno, come anche quello dello scrittore boemo, “ingombrante”, dalla personalità forte, tanto che Bruno si chiedeva come emulare le straordinarie gesta del padre, lui che era piccolo e introverso con quella testa grande, che generava in lui imbarazzo. A parer suo quella testa non gli avrebbe mai permesso
Il volo di un uccello, il rapido passo di un ragno, la destrezza di un pompiere.
Quando il padre non era impegnato con le sue metamorfosi lavorava nella sua bottega dal parquet color caramello. Ma da quella bottega di tessuti un giorno Jakob non tornò e Bruno si trovò alle prese con una nuova sparizione. Non avrebbe mai immaginato che quella sparizione non dipendeva dalle stravaganze del padre ma da qualcosa di più oscuro. Quella è solo una delle tante sparizioni che da quel momento in poi sarebbero accadute nel ghetto ebraico.
Jakob aveva tirato proprio un brutto scherzo a Bruno che da quel momento doveva trovare la forza di guardare aventi e guarire da quella insopportabile nostalgia. Nostalgia che provoca malinconia, una crepa troppo profonda. La cura: una matita.
La figura di Jakob prese forma di disegno e parola.
Sfogò l’amarezza della solitudine e della mancanza nel disegno: incise e disegnò per non dimenticare, per conservare, per non restare imprigionato in se stesso, nella propria timidezza, nella propria malinconia. Da grande Bruno diventò un insegnate, un giornalista, uno scrittore ed un artista. Da docente insegnò ai suoi allievi come, grazie all’arte, si può colmare il vuoto della perdita o a chi introverso come lui di non arrovellarsi sui propri difetti. Bruno sapeva, grazie a quel carattere introverso, al suo fisico e alla sua perdita, come trasformare la diversità in opportunità. Ma giunse un tempo in cui “diverso” non fu una peculiarità bella, non fu più la normalità che accomuna, ma diventò forzatamente qualcosa di infimo. La diversità di Bruno non lo salvò.
Agli ebrei fu tolto tutto, la libertà, l’identità, la libera espressione, la bellezza della diversità.
I nazisti attuarono un piano fulmineo per lo sterminio di tutti gli ebrei a prescindere se ordinari o straordinari. Non solo loro, quel nero destino colpì anche rom, chi soffriva di malattie psichiche, testimoni di Geova, omosessuali e oppositori politici. Tutti umiliati, straziati, resi uguali l’uno all’altro dall’orrore del nazismo.
Bruno perse il lavoro di insegnante. I colori, i profumi, la vitalità della città cessò di esistere, tutto taceva nella desolazione. In quello scenario Bruno si chiedeva spesso cosa avrebbe detto Jakob di tutto ciò. Finché una sera di novembre del 1942 scomparve tragicamente anche lui. Un ufficiale nazista lo uccise per strada, nel ghetto di Drohobycz.
Parole e illustrazioni struggenti, delicati dai toni bruni come il color caramello per ricordare un sognatore che attraverso l’arte, in toto, ha dato voce alla meraviglia della diversità.
Bruno insieme a Jakob volano, perché quel piccolo bambino dalla testa grande era stato da sempre capace di farlo. Di Bruno Schulz ci sono pervenute le sue opere, grazie alla memoria continueremo a sostenere il suo volo. Battiamoci, oggi e sempre, affinché i bambini, gli adulti di tutto il mondo possano continuare a volare soltanto con la propria mente, col proprio ingegno. E ricordiamo quanto in alto ci faccia volare l’unione, la bellezza della diversità, l’unicità di ciò che ci rende diversamente uguali, preziosi e profondi.
Bruno
Autrice: Nadia Terranova
Illustratrice: Fra Amit
Casa editrice: Orecchio Acerbo
Età consigliata: dai sette anni in su
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