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C’era una volta un gioco

Aggiornamento: 2 lug

di Clara Sorce






Che cos’è il gioco? In Homo Ludens, considerato il testo storico sull’argomento, di Johan Huizinga si legge:


gioco è un’azione, o un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e di spazio, secondo una regola volontariamente assunta, e che tuttavia impegna in maniera assoluta, che ha un fine in se stessa; accompagnata da un senso di tensione e di gioia, e dalla coscienza di ‘essere diversi’ dalla ‘vita ordinaria’.
gioco è un’azione, o un’occupazione volontaria, compiuta entro certi limiti definiti di tempo e di spazio, secondo una regola volontariamente assunta, e che tuttavia impegna in maniera assoluta, che ha un fine in se stessa; accompagnata da un senso di tensione e di gioia, e dalla coscienza di ‘essere diversi’ dalla ‘vita ordinaria’.

Tuttavia la definizione sopra enunciata dall’autore è un’analisi approssimativa della nozione di gioco, in quanto nelle innumerevoli lingue, non vi è una nozione identica per tutti. Esse non hanno denominato con un’unica parola una nozione del gioco identica a tutte le culture, nonostante ciò ogni popolo gioca in modo simile.

Nonostante quanto enunciato da Huzinga in tempi contemporanei sembra che il gioco non sia una cosa “seria” e che il tempo speso per esso sia superfluo. A bambini e adulti viene ricordato che bisogna esser seri, rimanendo con i piedi ben saldi nel mondo reale senza cadere in quel mondo altro che crea la dimensione ludica. E cosi ad oggi il gioco ha mutato le sue forme fino alla caduta, o quasi, dei giochi considerati “antichi” ossia quei giochi che hanno scandito le giornate dei bambini di un tempo che fino al secolo scorso praticavano con allegria e spensieratezza.


I bambini contemporanei come giocano? Quali sono le loro modalità di gioco?

In tempi contemporanei si è venuta sempre più a consolidare la pratica dei giochi online e di connessione. Queste nuove forme di gioco, che vedono anche lo sviluppo di nuove piattaforme dove l’utente si incontra virtualmente si sovrappongono ai vecchi giochi dove la strada era il luogo della dimensione ludica.

Proprio quei giochi di strada, di un tempo lontano come le fiabe, affascinano e seducono ancora, basta solo trovare un vecchio libro che ne rispolveri le regole e le modalità, ed ecco che tornano le biglie, il gioco della campana o la corsa dentro i sacchi.

Un albo firmato da Elisa Vincenzi e Chiara Bolometti dal titolo C’era una volta un gioco, edito da Mimebù, ci racconta proprio la riscoperta di questi giochi.



Mimebù fa parte del gruppo editoriale Mimesis Edizioni e si rivolge a bambini e ragazzi.

Piccoli gnomi scopre Mimebù a Una Marina di Libri, fiera del libro della città di Palermo. Una realtà editoriale che ci ha conquistato. La “MIMebù nasce grande e piccola allo stesso tempo”.


In C’era una volta un gioco Elisa Vincenzi concepisce un testo che seduce il lettore per l’uso “dell’imperfetto” trasformando il gioco come una fiaba.

Il gioco come enunciato dal filosofo Eugen Fink è un’oasi dove il bambino, come l’adulto, ritrova la proprio dimensione, «veniamo come trasportati su un altro pianeta, dove la vita sembra sospesa, più felice. Sembra un’oasi di felicità, che ci arriva addosso nel deserto delle nostra abituale tensione verso la felicità» (E. Fink, Oasi del gioco, p.9).

Ed è proprio quest’oasi che un gruppo di bambini scopre.


La vicenda narrativa si apre in uno scenario scolastico, in particolare modo durante la pausa ricreativa. Nel cortile si trova un insegnate con il suo gruppo di scolari, la docente invita i bambini a giocare. Quale gioco? Un gioco sociale o cooperativo? È una delle prime cose che pensiamo noi adulti quando ci affacciamo a questo scenario. Nulla di tutto ciò, alla maestra viene in mente il gioco di strada, a parere mio, per eccellenza, la campana. Chiede ai bambini di reperire il materiale per tracciare i segni che daranno via al gioco. I bambini sono entusiasti.


La Bolometti esprime tramite il suo stile illustrativo la gioia della scoperta di un’oasi nel deserto. Quel giorno i bambini avevano appena trovato la chiave del forziere che di lì a poco avrebbero aperto. Il forziere è il libro di giochi che Chiara trova nella soffitta della nonna.

Chiara porta il suo prezioso tesoro a scuola per mostrarlo ai compagni.

Loro ammirano il libro e con cura da prima ne sfogliano le pagine ingiallite dal tempo e poco dopo ecco che arriva la scintilla del desiderio e della curiosità.

Francesco propone al gruppo di provare qualche gioco, così dopo essersi messi d’accordo il pomeriggio si incontrano a casa di Matilde per giocare. Quel pomeriggio è l’inizio di una scoperta. Scoperta delle biglie, della corsa con i sacchi, della trottola o del cerchio e il bastone.


È stato un pomeriggio memorabile, spensierato, divertente dove la mente e il corpo non si trovavano nella realtà ma nell’osai del gioco. In questo punto della narrazione le autrici celebrano pienamente la dimensione ludica. La Vincenzi e la Bolometti a parer mio ben illustrano quanto enunciato dal filosofo Eugen Fink in L’Oasi del gioco:


[...] cattura la noia e la malinconia, dà vita a un mondo di sogno in mezzo alla chiassosa vita quotidiana. Il gioco riunisce gli uomini disponendoli alla socialità e alla serenità in comunità piacevoli e temporanee, ci avvince e ci libera con mano leggera, è affascinante, seducente, appassionante, ci trascina per un istante, in un vortice abissale, dove veniamo liberati da ogni condizione di vita reale, e ci offre favolose possibilità.

Il lettore viene coinvolto, anzi trascinato, in questo mondo che offre innumerevoli “favolose possibilità”. Il bambino lettore pian piano che scopre insieme al gruppo di amici i “vecchi giochi” ha l’irrefrenabile voglia di provarli e l’adulto che legge l’albo ha voglia di giocare liberandosi dall’angustia del tempo. Man mano che procediamo con la lettura non possiamo che pensare a Eugen Fink quando cita, in L’Oasi del gioco, Schiller che affermò:

L’uomo è completo solo quando gioca

Il giorno dopo a scuola non si fa altro che parlare del pomeriggio trascorso a casa di Matilde e così ai bambini e alle bambine viene l’idea di continuare con altri giochi fino a organizzare un torneo! L’albo rientra in quei libri del “fare” perché con esso non solo si più leggere la storia ma si può anche giocare. Aprendo il libro troviamo nella risguarda un meraviglioso tabellone illustrato per giocare al gioco dell’oca ma non solo a conclusione troviamo un campionario di giochi, gli stessi del libro di Chiara, e piccola perla. All’interno del volume troviamo un codice QR, inquadrandolo i lettori si collegano a una playlist YouTube composta da dieci video tutorial che permetteranno ai bambini di realizzare i giochi del passato.

Un albo che trasmette l’importanza del gioco e come enunciato da Fink:


veniamo come trasportati su un altro pianeta, dove la vita sembra sospesa, più felice. Sembra un’oasi di felicità, che ci arriva addosso nel deserto delle nostra abituale tensione verso la felicità.

 

C’era una volta un gioco

Autrice: Elisa Vincenzi

Illustratrice: Chiara Bolometti

Età consigliata: dagli atto anni in su

Casa editrice: Mimebù


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