di Clara Sorce
Recentemente in questi giorni si è assistito al G20 in cui tutte le rappresentanze del mondo discutono sulla grande crisi climatica che il mondo sta vivendo in questi tempi contemporanei. Purtroppo le notizie che ci giungono non sono delle più confortanti. Più il tempo passa più isole, foreste e, in maniera globale, il nostro mondo stesso muterà il suo aspetto cancellando popolazioni e mutando la sua biodiversità. Questa è una riflessione che dovremmo fare quotidianamente, come molte altre, per nutrire quel senso “civico”, critico, curativo nei confronti di un pianeta che ci accoglie e ci dona la vita. Vita che senza gli alberi, i fiori, le piante sarebbe solo grigio e nero, in cui l’aria stessa sarebbe inrespirabile. I giorni che hanno seguito la stesura di queste righe sono stati accompagnati dalla visione critica della mia città. Sempre più mi sono soffermata ad osservare ed interrogarmi sulla mia città: Palermo. Per quanto ami profondamente la mia città trovo anche che sia giusto essere critici in ciò che è lacunoso al fine di interrogarsi su cosa si potrebbe fare per rendere le nostre città luoghi accoglienti a misura d’uomo.
Il mio pensiero critico va all’assenza degli spazi verdi ed in particolare modo nel quartiere dove sorge la scuola in cui lavoro. Spesso con i miei alunni discutiamo e sogniamo un quartiere a misura di bambino con un bel spazio che si caratterizza per le più belle sfumature che la natura possa offrire. Un quartiere a cui è stato negato perfino l’unico spazio in cui i bambini erano liberi di giocare da quasi un anno, questo ci porta a sognare un quartiere e una città migliore. Sogno che coincide con quello della piccola protagonista dell’albo Dove crescono gli alberi di Yoon Kang-mi edito da Topipittori. L’albo si apre con una risguarda che piuttosto che darci il benvenuto è una denuncia. Un grido d’aiuto da parte del pianeta. Il verde si fa a uno spiraglio mentre il grigio avanza con le sue macchine che strappano, tagliano e mutilano per far posto a nuovi palazzi. Uno scenario apocalittico, se riflettiamo però è ciò che sta già accadendo.
Cominciamo a leggere la storia e ci colpisce vedere una bambina su una sedia che osserva dalla sua finestra la città. Non c’è neanche un albero, le uniche cime che si scorgono sono i bracci meccanici delle gru. L’appartamento è luminoso ricco delle più svariate varietà di piante ma la bambina non può uscire di casa per giocare perché
Anche oggi l’aria è irrespirabile mi toccherà giocare in casa. Faccio un disegno.
Queste poche righe ci colpiscono. Quello che vive la piccola è lo scenario che quotidianamente viviamo nelle nostre città. Non c’è spazio per la vita, ma ecco che i sogni dei più piccoli accendono la speranza. La bambina comincia a disegnare. Da prima ciò che vede nella realtà ma questa pian piano comincia a tingersi di colore un sogno. La sua personale utopia di una città a misura di bambino dove il colore, il rispetto verso la natura, la gioia della condivisione siano al primo posto. Da prima il sogno è piccino. Il palazzo prima grigio si fa colorato perché quello diventa il posto in cui giocare, ma per magia vi crescono piante e fiori investendolo totalmente. Quello è il sogno che come un germoglio cresce e si fa sempre più rigoglioso. Di fatto quello non è più lo spazio per il gioco ma un osservatorio in cui cresceranno nuove specie botaniche a cui la piccola dovrà dare un nome. Ma perché limitarsi ad una sola casa?
Anzi, non faccio solo una casa. Faccio tutta una città. Come dico io.
Allora la città diventa un grande osservatorio, i robot che da prima deprivano il mondo delle piante diventano preziosi alleati per pulire l’aria e far crescere gli alberi. Ma ci sarà anche la casa della piccola che è il luogo deputato per piantare gli alberi, anche quelli più difficili da piantare.
Nella mia casa ci abitano gli alberi.
Queste parole ci colpiscono profondamente perché è il culmine del sogno, una frase potente che deve farci ritrovare la voglia di sognare la città utopica in cui tutti gli esseri vivono in armonia e di fatto l’unica tavola muta dell’albo di Yoon Kang-mi ci invita a farlo. Una tavola meravigliosa, minuziosa nel dettaglio, dai colori brillanti in cui l’occhio gode nel piacere di perdersi in ogni suo piccolo minuzioso aspetto perché è il sogno che tutti vorremmo che si avverasse. Voltiamo pagina e siamo ritornati nella realtà. La stanza della bambina è ricolma di disegni e l’autore ci invita a continuare a nutrire quel sogno che si fa collettivo. La risguarda è un autentico messaggio di speranza.
Il grigio dei palazzi si tinge di colore un invito a rendere più belle, pulite, colorate le nostre città. Il messaggio che l’autrice ci trasmette è quello di costruire un futuro in cui si auspica che i cittadini del domani abbiano uno sguardo nuovo che sia capace di proiettarsi ad una crescita coscienziosa che intrecci ambiente, cultura, equità sociale ed educazione, ma non solo in questa nuova chiave di lettura rientra come ci ricorda la bambina con i suoi disegni l’arte. L’arte che da sempre, pensiamo alle città ideali del Cinquecento o la visione urbanistica dell’Art Nuoveau ed in particolare modo della poetica di Antonio Gaudi, grazie alla sua traccia creativa da voce all’utopia. Allora l’invito è quello di prendere in mano i pastelli e cominciare a disegnare un sogno salvifico e concreto che sia portatore di gioia in cui i bambini potranno scendere dalle loro case per poter giocare in città in cui l’aria possa essere respirata a pieni polmoni.
Dove crescono gli alberi
Autrice: Yoon Kang-mi
Casa editrice: Topipittori
Età consigliata: dai sei anni in sù
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