di Clara Sorce
Vi è mai capitato di osservare dei bambini giocare al parco? Quando un adulto si pone in una prospettiva diversa si accorge che il gioco dei bambini non ha un genere, è semplicemente gioco.
Se osserviamo bene notiamo che alcune bambine sono più vivaci e attive e prediligono giochi che richiedono un forte impegno fisico, viceversa bambini più quieti che prediligono attività sedentarie e scenari domestici. Questi bambini sono atipici o vivono se stessi pienamente? All’occhio delle convenzioni sociali questi “bambini” atipici violano le aspettative sociali. Così di loro si afferma che “preferiscono” giochi da maschi o da femmine, o che si comportano da “maschi” o da “femmine”. È davvero così? Ma sopratutto come si viene a prodursi questa stereotipia di genere nei comportamenti ludici? Esistono giochi “tipicamente” maschili o femminili? Emma Baumgartben in Il gioco dei bambini solleva una questione riguardante il gioco e le convenzioni di genere sociali. L’autrice pone il lettore a chiedersi quanto i fattori di contesto determinino gli orientamenti di gioco dei bambini, ossia quanto le scelte degli adulti influenzano e mediano, determinandone, le differenze di genere nei giochi degli infanti?
Ricerche effettuate nel periodo compreso tra gli anni ottanta e gli inizi degli anni novanta hanno mostrato che il comportamento degli adulti varia in rapporto al sesso del bambino. In particolare modo tale ricerca si focalizza sulle stanze dei bambini, luogo di gioco prediletto dall’infante. In tali luoghi si nota che «solitamente sono predisposte dai genitori in modo diverso in rapporto al genere dei figli» (Baumgartner, 2018). Lo studio è stato condotto sulle stanze da letto di bambini e bambine di età compresa tra 1 e 5 anni.
Nelle camere dei maschietti è stato rivelato un maggior numero di giocattoli e una maggiore varietà: ad esempio, macchinette, mezzi di trasporto, pistole, animali, attrezzi sportivi, giochi scientifici. Nelle stanze delle bambine invece sono state osservate soprattutto bambole, oggetti per il gioco della casetta, materiali vari riguardanti le faccende domestiche, peluche, oggetti in miniatura
(Baumgartner, 2018).
Come enunciato poco prima queste ricerche risalgo ad un periodo passato, ciò che dobbiamo chiederci oggi in tempi recenti è se le cose stiano ancora così o se siano mutate. Quanti cambiamenti si sono diffusi? Nei contesti educativi, formali e non, quali passi sono stati fatti? La Baumgartner ci da una risposta a tele quesito sottolineando che nonostante i passi avanti condotti ancora accade di osservare una
distribuzione e una connotazione degli spazi che riflette stereotipie di genere, quali spazi per le drammatizzazioni con vestiti prevalentemente femminili, oppure angoli “maschili” con macchinette e camioncini o mostri e armi giocattolo. Accanto ad ambienti più tradizionali, vi sono situati differenti: negli asili nido la critica ai ruoli sessuali tradizionali fa parte del patrimonio culturale condiviso dalla maggioranza del personale educativo e i materiali sono predisposti in modo da favorire le contaminazioni di genere
(Baumgartner, 2018).
Ma il caso non fa l’eccezione e grazie al modello del Metodo Montessori, formatosi nel 1907, assistiamo alle “attività di vita pratica” che si attuano nelle Case dei Bambini.
Le attività di vita pratica sono incentrate sul gioco, esse consistono nello stirare, lavare, lucidare, accudimento, apparecchiare o riordinare e molte altre. Si tratta di un modello educativo che prevarica le questioni di genere. La Montessori non solo sviluppò nel suo metodo le attività di vita pratica ma anche una serie di giochi, “neutri”, al fine dello sviluppo del bambino. Fin dalla primissima infanzia i primi organi che i piccoli sviluppano sono quelli sensoriali, con il cervello che assorbe tutti gli stimoli sensoriali in totalità. Di fatto l’infante prima assimila il mondo e successivamente lo analizza.
«Questa è la ragione per cui Montessori sostiene che c’è bisogno di ordine, un ordine che consenta ai concetti di essere disponibili per altre situazioni. Si tratta indubbiamente di una conquista difficile per i bambini perché gli oggetti presuppongono idee astratte, complicate da scoprire» (L. Beltrami, L. Boccalini, 2017). Per questa ragione i giochi devo essere “stimolanti”, tutto il contrario di quello che si trova in commercio con giocattoli dai colori sgargianti, di plastica, che producono svariati suoni, giochi con i quali i bambini si interessano un momento, ma poi lo abbandonano non facendone oggetto della loro scelta spontanea.
La Montessori concepì in favore dell’evoluzione dell’infante e per ben sfruttare appieno l’innato istinto di osservazione del bambino i materiali Montessori. I materiali Montessori permettono all’infante, senza distinzione di genere, di «materializzare l’idea: isolano cioè la caratteristica su cui si vuole portare l’attenzione del bambino (perso, colore, suono, dimensione…). […]. La qualità che rende diversi i materiali è tangibile, distinta e ordinata in gradazioni e questo aiuta il bambino non solo a cogliere, ma anche ad analizzare la qualità in questione» (L. Beltrami, L. Boccalini, 2017). Caratteristica dei materiali Montessori è il controllo dell’errore, ossia il materiale induce il bambino ad autocorreggersi.
Ciò che ci auspichiamo è che l’adulto segua tale ispirazione, non solo sulla scia di Maria Montessori ma di tutte quelle personalità che hanno animato e formato quelli che sono i principi dell’attivismo. Purtroppo ancora oggi assistiamo ad adulti che « guardano con sospetto e allarme i maschi che amano giocare alla casetta o ai travestimenti, leggendo in questi comportamenti possibili indizi di sviluppo omosessuale o di atteggiamenti femminili» (Baumgartner, 2018) ma se ci fermassimo ad osservare senza ansie e pregiudizi i bambini giocare potremmo ben affermare che il gioco non ha genere, è semplicemente gioco. Ciò ci viene dimostrato quando gli infanti sono liberi di scegliere, o quando giocano liberamente al parco senza condizionamenti dalle scelte fatte dall’adulto in funzione al sesso. I bambini se lasciati liberi di scegliere effettuano scelte non rigide e stereotipate. Il gioco crea una realtà immaginaria che conserva un rapporto di somiglianza ma che al contempo se ne distacca profondamente.
Il filosofo Eugen Fink definì di gioco un’oasi, lasciamo che i piccoli siano liberi di godere di quest’oasi felice.
Bibliografia
E. Baumgartner, Il gioco dei bambini, Carocci editore, Roma 2018. L. Beltrami, L. Boccalini, Il Metodo Montessori per tutti, BUR, Rescaldina (MI) 2017.
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