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Il campanello d’argento

Aggiornamento: 2 lug

di Clara Sorce






Da docente ed educatrice assisto alla fioritura delle relazioni.

Queste, nel tempo, si intrecciano fino a diventare grovigli “complessi” e colorati.

Da adulti le relazioni divengono razionali ed emotive, queste fanno riferimento alla sfera amorosa, familiare, lavorativa e conviviale. Ma se ci soffermiamo ad ascoltare il nostro bambino interiore riaffiorano in noi le sensazioni e le emozioni che si muovevano dentro di noi, questo ci permette di “sentire”, di restare fermi ad osservare, ma soprattutto di chiedere ad un bambino che cosa sia per lui una relazione. Porre questo quesito ad un bambino significa aprire le porte di un mondo variopinto, che genera freschezza perché loro sono capaci di spiegare in modo semplice e diretto cosa significa questa parola “difficile”.


E si, la parola relazione è meravigliosamente complessa e per spiegarla spesso mi avvalgo di un intervento d’arte urbana concepito dall’artista sarda Maria Lai: Legarsi alla montagna.

L’8 settembre 1981 Maria Lai realizza, nell’arco di una giornata, a Ulassai (Sardegna) l’opera Legarsi alla montagna. L’opera nasce dalla tradizione fiabesca del paese, la cultura popolare si intreccia col pensiero, e le pratiche, dell’artista che per l’occasione concepisce un intervento ambientale collettivo al fine di interrogare il paese sul senso della parola comunità. Parole che hanno insito dentro sè la parola relazione.


Farò qualcosa per i vivi

Con questo intento, dichiarato all’amministrazione comunale dalla stessa artista, Maria Lai intreccia comunità, vita, relazioni, tradizioni, storie nel lungo periodo di gestazione dell’opera, periodo in cui l’artista dialoga con i concittadini. Il risultato fu un grande intreccio in cui la comunità legò l’intero paese in un nastro azzurro il cui capo fu portato in cima alla montagna sovrastante all’abitato. Perché proprio un nastro azzurro? È la domanda che pongono subito ai bambini. Così continua la narrazione che si fa per loro sempre più affascinate.


In Legarsi alla montagna si evince la propensione dell’artista, espressa in lavori precedenti, a far rivivere elementi della cultura materiale, locale e popolare come le fiabe, ma non solo l’impiego di materie “povere” che si legano alle pratiche di artigianato ma soprattutto a quelle pratiche “femminili” come il tessere e il cucire. Legarsi alla montagna è fusione di tutto ciò. La leggenda popolare del nastro celeste, che narra di una bambina che ne rincorre l’apparizione, salvandosi così dal crollo di una grotta, diviene per l’artista metafora della valenza salvifica dell’arte che conduce a immaginare nuovi mondi. Su invito dell’artista i cittadini legarono dei panni decorati e fecero dei nodi al filo disteso tra le case appartenenti a famiglie legate da relazioni d’amicizia. Gli abitanti furono portati ad una presa di consapevolezza di quanto le relazioni, i legami e la comunità siano importanti. I cittadini sono stati chiamati ad assumersi le loro pubbliche responsabilità dei propri atti e sentimenti. Legarsi alla montagna non è solo un’opera d’arte ambientale è la testimonianza della memoria dei luoghi.


Questa storia suggestiona molto i bambini, e in noi adulti porta una ritrovata consapevolezza della parola relazione. Le opere dell’artista sarda sono suggestive, a tal proposito come non citare la seria dei libri cuciti che l’artista attua dagli anni settanta, opere composte da una scrittura intima e indecifrabile composta da un corsivo fatto con il filo. Per l’artista le leggende e le fiabe appartenenti alla tradizione popolare sono come elementi di identità per riconnettersi alla memoria storica.


La casa editrice Topipittori celebra l’artista sarda con due titoli che si rifanno a due leggende popolari a lei care: La leggenda della Capretta, Il campanellino d’argento.

Quella che qui vi racconto è la storia dell’albo Il campanellino d’argento un racconto di Maria Lai con le illustrazioni di  Gioia Marchegiani.



La Marchegiani concepisce uno straordinario lavoro narrativo. L’autrice crea un sapiente gioco narrativo tra tavole mute, dalla spettacolare bellezza in cui ella è stata capace, in un modo unico e originale, di far vibrare le tavole con la brezza del vento, le risa dei bambini, il chiacchiericcio degli abitanti dell’isola, o il fruscio della biancheria stesa al passaggio del soffio di Zefiro, e tavole canoniche dove “risuona” la voce di Maria Lai.

La nera china, coi suoi intrecci e grovigli creano forme, contrasti chiaroscurali che rendono la fiaba de Il campanellino d’argento magica. I contrasti tra le parti scure e le parti in luce ci introducono nella vicenda in cui un pastorello seguendo un capra troverà una grotta colma di ogni ricchezza.


Lì sceglie di prendere un unico oggetto un campanellino d’argento per la sua capra. Non desiderava altro se non restare in quelle alture e disegnare le meraviglie che dall’alto poteva scorgere. Ma all’improvviso un giorno il cielo si oscurò. Anche il pastorello non rimase immune a ciò, il suo cuore si fece sempre più scuro e cominciò a nutrire pensieri egoistici. Nella ricerca della grotta per poter riprendere più ricchezze portò con sé la sua capra che perse, egli vagò solitario per la montagna.


Ciò che più mi ha colpito di quest’albo è stato, attraverso lo stile della Marchegiani, il riferimento alla poetica dell’artista sarda. Poetica che attinge alle radici più profonde della sua terra. Così ritroviamo la tessitura, le fiabe e le leggende, la comunità e il filo delle relazioni. Altro aspetto peculiare dall’albo è la scansione narrativa con le tavole “scientifiche”. Scansione data non solo dal soggetto illustrato ma anche nella scelta somatica del fondo della carta, banca per la narrazione ocra per i disegni del pastorello. Quei disegni illustrativi ci accompagnano fin dal principio della vicenda narrata perché la voce che narra la storia è la stessa: il pastorello e la sua capra. Tavole incredibilmente accurate per immagine e nomenclatura scientifica.


Maria Lai amava molto le leggende della tradizione sarda. Le piaceva soprattutto aggiungere dei finali diversi per arricchirle di significati simbolici. Così ha fatto anche con la leggenda del Il campanellino d’argento, su cui lei stessa ha realizzato una bellissima fiaba cucita. Sulle pagine di tela, le leggende diventano ricami e i personaggi sono ritagli di stoffa, figure simboliche legate tra loro in uno spazio in cui coesistono significati antichi e moderni, individuali e universali.

Di sé Maria Lai diceva


Sono una bambina antichissima

Ella sentiva in sé un tempo eterno perché il suo mondo immaginario aveva radici nell’infanzia. Amava i bambini, misteriosi e sognatori, e questa leggenda parla, indistintamente ai bambini e agli adulti, del potere dell’arte e dell’importanza di metterla al centro della propria vita per raggiungere la felicità.


 

Il campanellino d’argento


Autrice: Maria Lai

Illustratrice: Gioia Marchegiani

Casa editrice: Topipittori Età consigliata: dai sette anni in su

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