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L’albero Azzurro

di Clara Sorce




L’albero ramifica, man mano che passano gli anni il suo tronco diventa sempre più grosso, i rami sempre più numerosi.

Bruno Munari, Disegnare un albero




Un albero ramifica, si espande, le sue radici si ingrossano mentre assorbono il nutrimento dalla terra. Un albero nel suo sviluppo di ramificazione può giungere fin dentro le case, ciò accade se si vive in città e se questo poi per colore e affezione diviene speciale allora non può che raccontare una storia. La storia di come l’amore, la gentilezza e la resilienza possono contrastare le prepotenze e i soprusi di un re avido di sentimenti. L’albero Azzurro di Amin Hassanzadeh Sherif, edito da Kite Edizioni, è un albo dalle tinte brune, tendenti al bronzo, la cui unica nota di colore, come le arterie del nostro cuore, è l’azzurro saturo di un albero. Questo ci da il benvenuto sin dalla risguarda. Come una mano tesa in saluto si staglia su un fondo broccato come le carte da pareti che ricoprono le mura delle case. Ci addentriamo nella storia e di fatto capiamo che quella potrebbe essere proprio l’interno di una casa perché il gigantesco albero azzurro si staglia al centro di una città. I suoi rami si espando per ogni vicolo, abitazione, fino a giungere al palazzo reale.


Tutti amavano il grande albero che con il suo muto “parlare” raccontava la vita delle persone. Egli raccontava ciò che era ordinario per trasformarlo in straordinario più della stessa esistenza del re. L’albero era la casa degli uccelli, gioco per i bambini, conforto, rifugio. Soltanto una persona lo detestava: il re. Il re era geloso dell’albero azzurro perché i suoi stessi sudditi non lo amavano, né lo rispettavano a ricordarglielo erano i rami azzurri che giungevano fin al palazzo.


Cosi ordinava ai suoi soldati di tagliare i rami in modo che non si avvicinassero troppo, ma ce n’era sempre qualcuno che riusciva a valicare le mura.

Quando il re scendeva tra le strade della città cercava sempre di evitare l’albero ordinando ai suoi soldati di scegliere le strade più sgombre dai rami, ma un giorno successe l’irreparabile.


Una volta per passare il re fu costretto a inchinarsi all’albero. Questo fece ridere la gente.

Sentendosi umiliato, sentendosi nudo, ma soprattutto spoglio della sua autorità, il re reagì nel modo peggiore che possa esistere: con la violenza. L’unica forma per estirpare quel ricordo dai suoi sudditi ma soprattutto dai suoi ricordi era un solo atto violento, ossia recidere l’albero. Spezzare la sua vita equivaleva, agli occhi del re, ridare una nuova luce alla sua stessa esistenza dimostrando a se stesso e al popolo che solo con la forza si può essere amati. La gente si riversò nelle trade per fermare i soldati ma senza riuscirci. L’albero fu abbattuto e al suo posto, al centro della città, fu piazzata la statua equestre del re. Qui l’autore, con maestria, fa mostra di grandi riferimenti colti legati alla storia e ai simboli dell’arte figurativa. Lo stile di Amin Hassanzadeh Sherif si lega a quello degli artisti che contrastavano il linguaggio dei regimi totalitari. Le sue forme, le sue tinte ricordano la volumetria di Renato Guttuso e il muralismo Messicano, ma non solo non è un caso che per la statua del re utilizzi il simbolo della statua equestre, emblema alto del potere utilizzato dagli imperatori romani.


Come detto sopra questa è una storia che ci insegna che ogni conflitto può essere contrastato solo con la gentilezza e l’amore e di fatto l’albero non cessò mai di esistere. I rami rimasti nelle case piano piano crebbero divenendo ciascuno un albero azzurro. Cosi l’intera città divenne una foresta bellissima. E il re? Beh la risguarda finale ci lascia con un’immagine significativa. I rami che abbracciano la statua del re. Quando lessi questa storia ai miei alunni della scuola primaria le considerazioni sono state molte ma non solo. Loro hanno sentito il desiderio e l'esigenza di creare una profusione di alberi azzurri ognuno con la propria identità. Opere dedicate alla storia che hanno riempito l'atelier di vari e infiniti alberi azzurri. Vorrei concludere queste righe con il pensiero di un mio piccolo gnomo che a parer mio coglie l’essenza di questa storia:


Questa storia ci dice che le parole possono essere sempre ascoltate da tutti perché qualsiasi parola può essere pronunciata da ogni singolo purché non offenda. L’ascolto da parte delle persone significa interesse comune.

Piccolo A.



 

L’albero Azzurro

Autore: Amin Hassanzadeh Sherif

Casa editrice: Kite edizioni

Età consigliata: dai sei anni in su

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