L’albero di Anne
- clara sorce
- 27 gen
- Tempo di lettura: 4 min
di Clara Sorce
Nella città di Palermo tra le varie ville storiche presenti ce n’è una particolarmente speciale: Villa Garibaldi. Villa Garibaldi, con all’interno il suo grande e solcare Ficus, che è stato testimone di epoche e vissuti che hanno contraddistinto fino ad oggi la vita degli esseri con cui esso è venuto a contatto. Contatto perché non si può che venirne cosi la sua presenza. Le sui radici giungono fino alla strada, oltrepassando muri e inferriate, non si può così che accarezzarle. Spesso mi reco in questo luogo a contemplare il grande “signore” della città “ascoltando” le storie che ha da raccontare. Ebbene sì, gli alberi non sono silenti le loro grandi chiome scandiscono i mesi di questo straordinario ciclo che è la vita. Sto silente in contemplazione, ascoltando ciò che ha da dirmi. Le sue grandi radici mi raccontano di una città animata, che soffre, che gioisce, una città libera ma anche fatta di aspetti bui. Allora non posso che pensare che gli alberi non solo hanno tanto da dire ma essi nascondono, accarezzano, sono casa, culla, amici, bussola. Questo pensiero mi ha portato a riflettere agli innumerevoli alberi che molti albi hanno come protagonisti, ma tra tutti questi, ce n’è uno che non lo è, al contrario è la nostra voce narrante, la voce della storia di Anna Frank. L’albero di Anne di Irène Cohen-Janca e Maurizio A. C. Quarello è il racconto di Anna Frank ad opera di un ippocastano prima che espirasse. Vincitore del premio Libro per l’ambiente del 2010 come miglior coerenza grafica-testo l’albo dai toni grigi presenta già dalla sua copertina il nostro autore: l’ippocastano. Minacciato dai parassiti che lo consumano l’albero sente la necessita di raccontare, e ricordare, la giovane ragazza che visse per due anni, in clandestinità, al numero 263 di Prinsengracht.
Da oltre centocinquant’anni, vivo in un giardino al numero 263di Prinsengracht, ad Amsterdam. Ma una grave malattia mi fa morire lentamente. […]. Le muffe dilagano sul mio legno e il mio tronco rischi di spezzarsi. Presto, forse, gli uomini mi abbatteranno.
E cosi ho deciso di raccontare quello che accadde tanti anni fa, al numero 263 di Prinsengracht
Le tavole sono poetiche, il testo, un racconto lento, ponderato, come lo scorrere delle acque di un fiume. L’albero ricorda la sua giovane vita e i doni che ha dato agli uomini, come l’offrire il proprio tronco come sostegno, riparo, rami saldi e forti perché gli uccelli potessero costruire la propria casa. I ricordi continuano a fluire fino a che non appare il ricordo vivido di quella giovane a cui ha donato un pò di speranza e bellezza. Come un uccello in gabbia Anna non poteva che osservare il mondo da una finestra. Una “prigionia” che per due anni le rese salva la vita. A scandirle i giorni, i mesi e gli anni c’era l’ippocastano. Le tavole Maurizio A. C. Quarello sono sapienti creazioni che come quadri o fotografie in bianco e nero, con un realismo poetico e delicato, ci narrano attraverso l’arte figurativa tale storia. Tra le tavole quella che maggiormente mi ha colpito è quella in cui compare per la prima volta Anne. La coerenza con il testo è sublime. La Cohen-Janca scrive
Ho regalato a una ragazza di tredici anni, prigioniera come un uccello in gabbia, un pò di speranza e di bellezza.
L’aquarello illustra parte dalla faccia della palazzina come se fosse una gabbia per uccelli, sulle finestre il riflesso dell’albero. Su in alto all’ultimo piano piccola piccola si staglia il profilo della giovane con aria melanconica con la mano protesa verso l’unica nota di colore: una foglia caramello. Ebbene i due autori lavorano in una sinergia che esalta la storia che questo testimone del tempo ha da raccontarci. Il racconto prosegue e il narratore ci racconta di un tempo in cui chi era ebreo non aveva più diritti, fino a che si giunse alla negazione più estrema, quella del diritto di vivere. Potevano togliere tutto, ma non il diritto a sognare, di sperare. Anne sperava di poter ritornare a camminare libera per le strade, che le sue guance fossero accarezzate dall’aria fresca. Sognava il mare, ricordandone l’odore e la percezione sulla pelle delle alghe. Tutto ciò la giovane lo annotava nel suo diario, la sua fedele amica Kitty. E a lei raccontava di quell’ippocastano che con i suoi rami le porgeva bellezza.
Il nostro ippocastano è in piena fioritura dalla testa ai piedi, pieno di foglie e molto più bello dell’anno scorso.
Assistere alla fioritura dell’albo instillava nella giovane pensieri per il futuro, alla vita che si sarebbe costruita, al suo posto nel mondo. Al racconto dell’albero pian piano si alternano stralci degli strati di Anne. Due voci che si giustappongono in una storia commovente. L’ippocastano continua la sua storia fino a quel tragico 4 agosto del 1944 quando la famiglia di Anna sarà portata via dal nascondiglio del numero 263 di Prinsengracht. In una calda e assolata giornata estiva l’ippocastano condannato al silenzio degli alberi resta ormai solo, svuotato, muto. Anne morì di stenti nell’aprile del 1945. L’ora dell’ippocastano giunge ma al suo posto, come un gemello, verrà piantato un suo ramoscello che crescerà e si farà anch’egli testimone del tempo, ma non prima di aver tramandato il ricordo di Anne. Quest’albo mette in luce quanto i ricordi siano preziosi e come questi mantengano in vita.
L’albero di Anne
Autrice: Irène Cohen-Janca
Illustratore: Maurizio A. C. Quarello
Casa editrice: Orecchio Acerbo
Età consigliata: dai nove anni in su
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