L’importanza di chiamarsi Oscar Wilde
- clara sorce
- 8 feb
- Tempo di lettura: 3 min
di Clara Sorce
Inghilterra, fine dell’Ottocento. In quegli anni ad animare la scena artistica è la figura controversa di un uomo che della bellezza dell’arte ne fa una cifra stilistica della sua stessa esistenza: Oscar Wilde. Stella nell’astro dell’arte della letteratura, Wilde si destreggia tra poesia, saggistica, scrittura teatrale, narrativa. Figura esteta che ha saputo essere un brillante, acuto testimone del suo tempo. Ha anticipato mode, culture, atteggiamenti sociali, tanto da gettare i germogli del nuovo secolo, tuttavia non poté mai vedere i suoi frutti. Le sue opere sono i tasselli di un diario emozionale, emotivo sentimentale che via via si va componendo. Esse testimoniano l’esteta, il narratore, l’amante, il prigioniero. E proprio tale aspetto compone i capitoli di una biografia a fumetti dell’artista ad opera del sodalizio artistico tra lo sceneggiatore Tommaso Vitiello e l’artista Licia Cascione edito da Becco Giallo per la collana Biografie: L’importanza di chiamarsi Oscar Wilde. Il Vitiello e la Cascione non concepiscono soltanto una biografica puntuale del drammaturgo e scrittore, ma soprattutto, ci mostrano un uomo che si nutre d’amore. Loro mettono in luce le vicende più importanti dell’evoluzione dell’autore con i suoi successi ma anche i suoi tormenti. Tormenti che lo vedono frustrato davanti alle critiche, ciò lo portò a chiedere sempre più da se stesso tanto da essere accecato verso chi da tutta un’ esistenza gli donò il suo amore sconfinato. Proprio l’amore è l’accento che gli autori pongono sul moto che spingeva la sua esistenza tanto da subire un processo ed in seguito il duro carcere pur di essere libero di amare.
Chi pecca per amore non pecca affatto
Così Oscar Wilde enuncia nella sua opera La Duchessa di Padova che viene egregiamente illustrata dalla Cascione in un gioco di specchi tra creatore ed opere. Creatore che si strugge fino a sfinirsi e la sua opera che prende corpo. In quest’opera figurano i grandi capolavori dell’autore irlandese come Il fantasma di Canterville, Salomé, Il ritratto di Dorian Gray.
Queste sono solo alcune delle opere che scandiscono e raccontano la vita di un uomo che del suo nome, come d’altronde si rintraccia nel titolo della sua opera L’importanza di chiamarsi Ernesto, non fa solo una firma stilistica ma ne caratterizza tutto il suo genio tanto che la sua importanza sfocia nell’ossessione della critica letteraria. Per tutta la sua vita sarà sostenuto dal suo più grande amore Robert conosciuto ad Oxford nel 1886 quando quest’ultimo era poco più che uno studente. Ma come detto sopra la sua vita si nutre di amore e bellezza, così il racconto comincia con un giovane Wilde negli Stati Uniti d’America nel 1882 quando ricorda la sua infanzia e la sua infatuazione per la moglie Costance.
I ricordi seppiati dell’artista affiorano solo in questa prima parte del racconto. Ciò che colpisce è il simbolo che scandisce ogni capitolo: il girasole. Vediamo in parallelo alla vita dell’artista come questo germogli, si apra al mondo vigoroso e splendente; e come pian pian questo appassisce fino ad essere calpestato. Si calpesta qualcosa che si vuole eliminare, oscurare come quel nome così importante che improvvisamente diventa estremamente scomodo perché ha avuto solo l’ardore di non rinunciare ad un amore che per le convenzioni dell’epoca non era “giusto”. Incontrati per volere del fato Wilde concluderà la sua esistenza al fianco del suo folle amore: Bosie, ossia Alfred Douglas l’amante. Un amore travolgente il loro, che porta il padre del giovane, il Marchese di Queensberry, a denunciare non l’artista ma l’uomo. Il processo e infine la prigionia è un’ombra che cala in quel sole splendente ma non spezzerà mai l’amore per Bosie come per Robert Ross. Robert starà vicino ad Oscar, suo grande amore anche nel dolore, anche quando il mondo dell’arte deciderà di voltargli le spalle cancellando il nome Wilde che si spoglia dell’importanza e del lustro. Uscito dal carcere Wilde fuggirà con Bosie prima in Italia ed in seguito a Parigi dove morirà in povertà il 30 novembre del 1900. Egli dichiarerà
Penso che comunque non vivrò per vedere il Novecento. Se iniziasse un altro secolo e fossi ancora vivo, sarei molto di più di quanto gli inglesi potrebbero sopportare.
La morte riunirà Robert e Oscar seppelliti uno di fianco all’altro per sempre.
Una storia, quella de L’importanza di chiamarsi Oscar Wilde che si tinge di colori corposi e del segno fluido, puntuale, colto di Licia Cascione che coglie attraverso la sua matita la personalità di un uomo che ha vissuto il suo tempo come un grande palcoscenico.
L’importanza di chiamarsi Oscar Wilde
Autore: Tommaso Vitiello
Illustratrice: Licia Cascione
Casa Editrice: Becco Giallo
Età consigliata: dai sedici anni in su
Comments