La paura fa novanta. Racconti popolari.
- clara sorce
- 1 nov 2022
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 24 ott 2024
di Nathalie rallo
Si cunta e si raccunta ca 'na vota cc'era e cc'era…
Giuseppe Pitrè
La formula “Si conta e si racconta che una volta c’era e c’era”, non è altro che un oralità tradizionale che prende il posto al fianco del “c’era una volta”. Giuseppe Pitrè, il più importante studioso di tradizioni popolari siciliane e padre degli studi sul folklore [1] in Italia, spiega questa espressione sulla prima raccolta di Fiabe siciliane come “una storia che si racconta”, distogliendo l’attenzione sulle personificazioni narrante, incentrandosi sull’oralità delle storie. Nella sua raccolta si possono trovare più di quattrocento documentazioni popolari su storie di: fate, giganti, contadini, reali, paesaggi siciliani ecc…
I racconti ( “lu cuntu”) sono avvolti dal mistero e spesso la loro morale è celata dalla paura.

Perché i racconti popolari fanno spesso paura? Quando ero piciridda [2], mia nonna materna mi raccontava una storia che si intitola A mano virdi, sono passati anni dall’ultima volta che l’ho ascoltata e solo di recente sono riuscita a recuperare questa leggenda, che più o meno fa così…
C’era una volta, tanti anni fa, un paese tranquillo dove non accadeva mai nulla…
Un giorno come tutti gli altri, si trasferì nel paese un ricco signore dai capiddi rizzi rizzi [3] e allora il paese andò in subbuglio per la presenza del giovane ricco in cerca di moglie.
Tre giovani sorelle di famiglia povera, Rosa, Caterina e Antonia, decidettero di sfidare la sorte e presentarsi al cospetto del ricco giovane. Egli però nascondeva un segreto, una mano verde viscida e parlante che rispondeva solo al suo padrone…
Le fanciulle dovevano superare una prova per diventare la moglie del giovane. Elle dovevano mangiare la mano verde e solo colei che fosse riuscita a mettere la mano verde nella sua pancia, poteva essere la padrona della sua ricchezza.
Ci provò prima Rosa che presa dal disgusto non mangiò la mano verde ma la bruciò nel camino del ricco signore. Quando il padrone disse “Mano verde dove sei?”, la mano rispose svelando l’imbroglio della giovane Rosa, ormai condannata a morte.
Dispiaciuta per la morte della sorella maggiore, ci provò anche Caterina e non ci riuscì neanche ella… La più piccola delle sorelle, Antonia fu più furba. Nascose la mano sotto la gonna, legandola stretta all’altezza della pancia e quando il padrone chiese alla mano verde dove fosse la risposta fu: Sono nella pancia di Antonia padrone!
La terza sorella diventò la padrona delle ricchezze del giovane dai capelli ricci e salvò la sua famiglia dalla miseria.
Questa storia è abbastanza paurosa, allora perché raccontarla ai bambini? La risposta a questa domanda è l’emozione che lascia il suo ricordo, la memoria emotiva è una delle prime funzioni che si acquisiscono durante la crescita. La paura è importante quanto la gioia nella crescita dei bambini, essi necessitano di storie come A mano virdi per familiarizzare con le emozioni e prenderne coscienza. Il ricordo orale sparisce con gli anni, com’è successo a me, a differenza del ricordo emotivo che permane nella memoria e suscita la curiosità. L’immagine creata dal ricordo di una mano verde viscida parlante che ti condanna a morte se non la mangi, è una della fantasie che ho portato avanti negli anni nella mia testa.
Perché nella memoria emotiva è facile ricordare le immagini più delle parole? La memoria emotiva nell’analisi del sistema nervoso si colloca come frutto del lavoro intrinseco dell’emisfero destro, che differisce dall’emisfero sinistro poiché esso si basa su un pensiero più razionale o addirittura analitico. Sperry sosteneva che:
Le specialità dell'emisfero destro erano, ovviamente, di natura non verbale, non matematica e non sequenziale. Esse erano in gran parte spaziali ed immaginali, del tipo: una sola immagine vale mille parole (Sperry, 1981)

Il funzionamento della memoria però ci dimostra altro. Essa è la chiave di controllo della nostra testa, il cervello infatti, distingue le informazioni esterne al nostro Io in primarie e secondarie, ovvero consci e inconsci, di norma le emozioni sono delle informazioni secondarie che si nascondono nell’oblio (dimenticanza) e sono estratte solo nel momento in cui il nostro “essere” (anima e corpo) sente la necessità di farle uscire fuori. Quindi le immagini più delle parole sono un medium che comunica con tutti e due gli emisferi, costruendo sia un pensiero razionale che emotivo perché genera in noi un ricordo fantasioso, necessitando così l’ausilio delle emozioni per essere ricordato (funzione primaria) e anche di un pensiero critico per essere condiviso (funzione secondaria).
Nel caso specifico del mio ricordo, la memoria emotiva ha catturato un’immagine che ho fantasticato e mutato con il tempo, costruendo un pensiero critico al posto della paura; la curiosità di cercare la vera storia oltre il ricordo è un confronto necessario per la mia “critica” poiché svela i dettagli che confermano il bisogno di non aver alcun timore della “mano verde”. Il soggetto della mano verde in quel racconto non è davvero viscido e immortale ma sciocco e spiritoso, dettagli che in età infantile non potevo cogliere.
L’importanza del lavoro di Giuseppe Pitrè si cela proprio in questi piccoli dettagli. Conservare una memoria e tramandarla di generazione in generazione è importante, sia per un discorso antropologico culturale sia per un discorso più intimo. Le storie che tramandiamo fanno parte della nostra identità, sono ciò che rendono giusto la restituzione di ruoli sociali, pensieri e umanità. Noi siamo quello che scegliamo di essere, e lo siamo grazie alla nostra storia.
Note [1] L’insieme delle tradizioni popolari di una regione, di un paese, di un gruppo etnico, in tutte le manifestazioni culturali che ne sono espressione, cioè usi, costumi, leggende, credenze e pratiche religiose o magiche, racconti, proverbi e quanto altro è tramandato per tradizione orale.
[2] Bambina
[3] Capelli ricci ricci
Bibliografia
G. Pitrè, Fiabe siciliane Vol. I: Lu cuntu di «Si raccunta».
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