di Clara Sorce
C’è una scuola grande come il mondo
C’è una scuola grande come il mondo. Ci insegnano maestri e professori, avvocati, muratori, televisori, giornali, cartelli stradali, il sole, i temporali, le stelle. Ci sono lezioni facili e lezioni difficili, brutte, belle e così così… Si impara a parlare, a giocare, a dormire, a svegliarsi, a voler bene e perfino ad arrabbiarsi.
Ci sono esami tutti i momenti, ma non ci sono ripetenti: nessuno puo’ fermarsi a dieci anni, a quindici, a venti, e riposare un pochino. Di imparare non si finisce mai, e quel che non si sa è sempre più importante di quel che si sa già. Questa scuola è il mondo intero quanto è grosso: apri gli occhi e anche tu sarai promosso!”
Gianni Rodari
Quella che sto per raccontarvi è una storia d’amicizia, la storia di due maestri che con affetto e stima consolidarono nel tempo quello che tra i valori ci lega agli altri donando inevitabilmente una parte di sé. Abbiamo esordito con una poesia il cui titolo è C’è una scuola grande come il mondo. Proprio la scuola, la poesia, le novelle ma sopratutto l’approccio pedagogico attivo lega questi due uomini, anzi questi due maestri. Si tratta di Mario Lodi e Gianni Rodari.
La nostra amicizia è nata durante i convegni del Movimento di Cooperazione Educativa… […]. Ascoltava attento le relazioni, ma soprattutto discuteva con noi dei problemi più significativi, prendeva appunti su tutto. Si capiva che lì, insieme a noi, non era solo il giornalista, era anche il maestro che rispuntava e coglieva, nel fermento delle idee e delle esperienze nostre, la speranza, direi la certezza di un cambiamento positivo della realtà. Noi lo sentivamo un amico, che cercava insieme a noi la via della “rivoluzione silenziosa” che avrebbe dovuto dare concretezza alla riforma della scuola in senso democratico.
Mario Lodi, La scuola di Rodari, Introduzione in Scuola e fantasia, Ed. Riuniti, 1992.
Questo prezioso racconto di Mario Lodi ci fa entrare in una dimensione del tempo passato, ci fa rivivere il fermento e la vivacità del momento ma anche come i due maestri, come Lodi stesso sottolinea, si incontrano, un incontro nato per cercare la via della “rivoluzione silenziosa”. Ed entrambi trovarono proprio quella via che portò alla rivoluzione pedagogica di cui noi, la generazione contemporanea e futura, oggi mettiamo in atto come loro nelle aule scolastiche per far sì che il loro operato sia sempre vivo. Una rivelazione che per noi insegnanti è un faro e per i piccoli e grandi scolari è la fiamma che mantiene viva in loro la passione, la curiosità, la creatività l’espressione della propria voce.
Tra Lodi e Rodari nasce un’amicizia solida basata non soltanto sulla stima reciproca ma sopratutto per la condivisione dei propri valori e principi pedagogici. Loro condividevano una visione comune di scuole, un progetto ideale educativo e sociale due personalità contraddistinte da un simile e diverso impegno educativo e civile e da una eccezionale attitudine creativa e sensibilità poetica.
In un articolo pubblicato su Nuovi Tempi, Anno IV-numero 52, il 27 dicembre 1970 Gianni Rodari racconta e presenta l’esperienza pedagogica sviluppata da Mario Lodi in cui gli scolari non sono “l’oggetto” dell’insegnamento ma sono i soggetti attivi di esperienze. Rodari scrisse così dell’amico e della loro amicizia:
Ho conosciuto Mario Lodi più di dieci anni fa, a un Convegno di studi del Movimento di Cooperazione Educativa. […]. Con un grande anticipo sulla contestazione giovanile, contestavano la scuola tradizionale, nel modo meno presuntuoso e più produttivo: facendo scuola in un modo diverso da quello tradizionale. […]. Certe cose, oggi, dopo don Milani e la scuola di Barbiana, sembrano addirittura ovvie. Ma i Tamagnini, i Ciari, i Lodi, avevano cominciato quando la scuola di Barbiana ancora non esisteva. […].
Quel convegno si teneva a Certaldo, […] se non ricordo male, Lodi diresse il gruppo di lavoro sul “testo libero” che non significa semplicemente lasciar scrivere ai bambini quello che vogliono, ma significa creare le condizioni – (e sono tante, e difficili da creare) – perché il bambino abbia voglia o addirittura bisogno di scrivere, e sia capace di metter fuori tutto quello che ha dentro; un punto d’arrivo, non un punto di partenza; una tecnica che esige nel maestro sensibilità, intelligenza e cultura, tanta cultura (pedagogica, didattica, psicologica).
[…]. Dico questo perché non solo ho con questi amici un grosso debito personale, come autore di libri per bambini che, dopo averli conosciuti, ha dovuto rifarsi i suoi studi; ma perché, ora, davanti al nuovo libro di Lodi “Il paese sbagliato” temo che molti cadano a loro volta nell’equivoco di cui sopra, e giudichino l’esperienza scolastica da cui nasce un’esperienza unica, legata alla personalità di un maestro-poeta, alla sua straordinaria sensibilità: una specie di miracolo irripetibile. Ora, Lodi è anche un maestro-poeta, ma ciò di cui dà conto in queste pagine è essenzialmente un’esperienza nel campo della scienza dell’educazione. Il libro è un diario di lavoro, una storia di “mestiere”.
Rodari nel mettere in luce l’amico ne enuncia la grande “rivoluzione” pedagogica che in quegli anni stava portando, una nuova forma, un nuovo paradigma educativo che non si serviva soltanto di una leva ma di molte al fine di trovare la propria per servirsene, la giusta leva che sollevi il “mondo”. Lodi e Rodari non vedevano il mondo del bambino quale “mini-mondo-artificioso” scollegato dalla vita e dal mondo reale al contrario contestualizzavano il fanciullo in un mondo vero, nella vita reale, nel mondo d’oggi dichiarando, sempre lo stesso Rodari nell’articolo sopra citato, che
Gli elementi che fanno della scuola un’istituzione “separata” sono il più possibile neutralizzati e sconfitti.
Entrambi hanno della scuola una visione innovativa. Lodi nella premessa all’edizione de “Scuola di Fantasia” (Lodi, La scuola di Rodari, in Rodari, 1992):
L’attenzione di Rodari per le scuole si collocava nell’analisi di una società che, uscita dalla dittatura fascista e dalla guerra, cercava in se stessa le forze vitali per ricostruire sui valori della Costituzione un nuovo modello di vivere.
Un’idea di fondo che Lodi si premura di sottolineare come propria dell’amico ma che di fatto coincide con l’idea di scuola che egli stesso aveva e che aveva espresso a sua volta, a lungo replicata nel tempo attraverso la sua attività di intellettuale e maestro, tanto da ribadirla costantemente fino alla fine.
Anello di raccordo tra i due intellettuali è quello dell’importanza del legame con il Movimento di Cooperazione Educativa, ossia l’inizi della loro amicizia, di cui Lodi fu una figura di spicco. Rodari in Scuola di Fantasia fa emergere proprio tale legame:
E non piove nemmeno adesso, per me, sul dovere di rispettare nel bambino il bambino […] di non abusare mai della nostra superiorità di adulti (men che meno della nostra autorità di padri e di maestri) per non imporgli le nostre idee, i nostri atteggiamenti, le nostre – chiamiamole col loro nome – passioni […] Il metodo deve essere il più democratico possibile […] è per questo che per ciò che riguarda la scuola aderisco completamente al Movimento di Cooperazione educativa, che, secondo me, realizza al massimo il rispetto del bambino e meglio favorisce la sua liberazione, in ogni senso […] In una ‘buona classe MCE la scala dei tradizionali “valori scolastici” – voto, pagella, interrogazione, disciplina, silenzio, emulazione individualistica, eccetra – ha perso uno dopo l’altro tutti i suoi tarlati gradini. Si affermano altri valori: la collaborazione, la solidarietà, il piacere di lavorare insieme, l’atteggiamento di ricerca aperta su ogni aspetto del reale, la mentalità scientifica
Per raccontare il legame tra questi due maestri non bastano queste poche righe, bisogna vivere l’esperienza educativa secondo la loro visione per comprendere l’apportata rivoluzione del loro paradigma educativo. Per concludere si vuole ricordare che i due maestri non furono soltanto innovatori nel mondo scolastico ma anche in quello dell’estetica letteraria. Nella loro scrittura cadono quelle che fino ad allora erano state una costante nelle letteratura rivolta all’infanzia ossia le “trappole ideologiche” al contrario la loro fu un’operazione culturale incisiva e politica.
Sitografia
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